28/1 - (aureo del giuramento) Statere
(Moneta) |
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| Obverse | Reverse |
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| Legend: ROMA
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Testa laureata gianiforme dei Dioscuri.
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Scena del giuramento: due guerrieri, uno di fronte all'altro, puntano le spade verso un porcellino tenuto in braccio da un terzo guerriero, al centro, in ginocchio. Il guerriero di sinistra è barbato, indossa un'armatura cinta al busto e si appoggia con la mano sinistra ad una lancia; il guerriero di destra, imberbe, porta sopra l'armatura una corazza e tiene con la mano sinistra il fodero della spada e la lancia rivolta in basso.
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Nominal: Statere
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Material: Au
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Technique:
coniazione
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Diameter:
18-19 mm
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Weight: 6.72-6.89 g
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Period
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Cod
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Mint
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RRC
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References
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Rarity
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Images |
225-212 BC1 | R-RC/22-1 | Roma | 28/1 | Crawford 28/1 - 29/1
Bahrfeldt 1
Rutter (HN Italy) 332
Sydenham 69
BMCRR Romano-Campanian 75 | R4 | |
1 |
Il Crawford ha distinto questa emisione aurea in due gruppi di coni: il primo, coniato a Roma (28/1), è caratterizzato dalla notevole somiglianza con le emissioni dei quadrigati a leggenda incusa; l'altro gruppo (29/1), prodotto in una zecca ausiliaria sconosciuta, mostra invece uno stile simile ai quadrigati caratterizzati dalla tavoletta a forma di trapezio rovesciato. |
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Incerta è la data di emissione di questa serie aurea: generalmente viene posta tra il 217 e il 216 a.C. poco dopo lo scoppio della seconda guerra punica, in riferimento ad alcuni passi di Livio che ricorda un singolare giuramento effettuato dall'esercito di Roma (dopo le disastrose e ripetute sconfitte romane contro Annibale) ed a un contemporaneo invio di oro a Roma da parte di Gerone II di Siracusa. Per il Thomsen sarebbe stato emesso prima del disastro di Canne del 216 a.C.
Altre ipotesi di datazione, strettamente correlate all'interpretazione data del rovescio, sono:
1) Per il Mommsen la scena ricorderebbe la concessione del diritto della cittadinanza romana ai Campani e a una parte dei Sanniti, avvenuta nel 334 a.C. sotto il consolato di T. Veturio Calvino e di Sp. Postumio Albino: in tale modo il discendente del primo console avrebbe successivamente ricordato la vicenda nel suo denario del 137 a.C. - 2) La presenza del porcellino ricorderebbe il trattato con i Sanniti del 321 a.C. dopo il disastro delle forche Caudine, i cui responsabili furono gli stessi consoli Veturio e Postumio: ma si è trattata di una vicenda storica umiliante per Roma per essere commemorata. - 3) La Breglia ha collocato gli aurei al 290-289 a.C. alla fine delle guerre sannitiche: in tal modo il giuramento avrebbe simboleggiato la riappacificazione tra i due popoli. - 4) Per il Mattingly il giuramento indicherebbe il trattato concluso nel 263 a.C. tra Roma e Ierone di Siracusa. L'incertezza è dovuta al fatto che mentre il guerriero di destra è indubbiamente un romano, quello di sinistra, barbato, non avrebbe le sembianze di un greco ma piuttosto di un italico. - 5) Altra ipotesi è che le monete d'oro sarebbero state battute nel 209 a.C. utilizzando una parte delle riserve auree dello Stato romano. Il limite è nella sua datazione in riferimento all'introduzione del denario. - 6) Oppure che gli aurei siano stati coniati intorno al 216 a.C. nel periodo iniziale della seconda guerra punica, e la scena del rovescio alluderebbe al giuramento imposto agli alleati italici di Roma perché mantenessero fede al patto che avevano precedentemente stipulato con i Romani nella lotta contro Cartagine (il fatto è narrato da Livio). - 7) Per l'Alföldi e il Thomsen la scena rievocherebbbe la fondazione di Roma: i due personaggi in piedi sarebbero Latino ed Enea nell'atto di giurare allenza e concordia. L'occasione storica per tale richiamo mitologico sarebbe il giuramento che i soldati, sia romani che i loro alleati latini, dovettero pronunciare nella primavera del 216 a.C. (da un passo di Livio) di fronte ai loro tribuni. - 8) Il Pedroni collegherebbe invece l'emissione aurea all'eccezionale arruolamento dei Romani e degli alleati avvenuto nel 225 a.C., la "leva tumultuaria" considerata epocale già dagli storici antichi. In quell'anno, con il pretesto della minaccia dei Galli, i Romani conteggiarono tra tutti gli alleati il numero degli uomini in grado di essere mobilitati in caso di guerra. Un avvenimento che ha coinvolto i romani ed i loro alleati italici, un'occasione quindi che avrebbe spinto il Senato per un'emissione aurea di carattere straordinaria e di grande valore propagandistico. - 9) Anche il Campana, considerando l'elevato livello stilistico e l'accurata tecnica di coniazione, anticiperebbe l'emissione al 225 a.C. (informazioni tratte dall'articolo di A. Campana "Monete d'oro della Repubblica Romana" pubblicato su Panorama Numismatico n. 123 e 124 del 1998). Per l'effigie del dritto, che ricorre pure sui quadrigati d'argento, l'ipotesi piú ovvia che si tratti di Giano bifronte sembra contraddetta dal fatto che la testa si presenta imberbe e con aspetto giovanile e quindi diversa dalla tradizionale iconografia di Giano Quirino barbato, come nella serie di bronzo con la prora di nave. Il Crawford indica una testa gianiforme dei Dioscuri. I dubbi su questa identificazione sono la mancanza dei loro attributi (i pilei e gli astri) e se mai i Dioscuri siano stati rappresentati con la testa gianiforme. Altre ipotesi hanno suggerito al dritto la testa di Fontus, il figlio di Giano: però nella mitologia romana Fontus occupava una posizione secondaria. Il Crawford collega questa serie aurea a quella del quadrigato con leggenda in rilievo che sarebbe successiva a quella con leggenda incusa.
La moneta da 6 scrupoli sarebbe del valore di 40 assi semilibrali, mentre per la moneta da 3 scrupoli il valore sarebbe di 20 assi semilibrali.
L'aureo da XXX assi, se autentico, sarebbe stato coniato in un periodo successivo agli altri due aurei del giuramento e prima dell'oro marziale utilizzando un piede ponderale anomalo. Si è discusso se l'unità di misura di questi aurei sia l'asse o il sesterzio: il tutto per un passo del Plinio che indicava che uno scrupolo d'oro valeva 20 sesterzi.
E' plausibile ipotizzare che Plinio possa aver sostituito all'unità di conto originaria, gli assi (in vigore nel III secolo a.C.), quella piú usuale al tempo in cui viveva (I secolo d C.), cioè i sesterzi. |
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